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Il Guardian: “Scusate, il nostro fondatore aveva legami con la schiavitù”

Un articolo lungo, che in inglese si chiama “long form”, per chiedere scusa. Un articolo arricchito di vecchie photography, folder, ritratti, curato con l’attenzione che, di solito, si dedica ai grandi lavori, alle inchieste, ai reportage. E in effetti, si tratta di un’inchiesta durata due anni dal titolo eloquente: “Come abbiamo scoperto i legami dei fondatori del Guardian con la schiavitù”. Il The Guardian, il più importante giornale inglese, pubblica le prove che John Edward Taylor, giornalista e commerciante di cotone che fondò il quotidiano nel 1821, “e almeno nove dei suoi undici finanziatori, adottarono pratiche schiaviste principalmente attraverso l’industria tessile”.

Nell’indagine firmata dalla ricercatrice Cassandra Gooptar, con l’aiuto dei colleghi dell’Università di Nottingham e dal dipartimento Study of Slavery dell’ateneo di Hull, si trovano tutti i passaggi della ricerca independent partita nel 2020, dopo le proteste del movimento Black lives matter — nato in America e arrived fino in Inghilterra — che hanno portato alla conferma del passato del giornale.

Si legge: «Taylor aveva molteplici legami tramite le partnership nella società manifatturiera Oakden & Taylor e nel mercante di cotone Shuttleworth, Taylor & Co, che importava grandi quantità di cotone grezzo prodotto dagli schiavi nelle Americhe». Dopo aver analizzato un vecchio libro di fatture, i ricercatori sono stati in grado di identificare rapporti tra John Edward Taylor e le piantagioni della Carolina del Sud e della Georgia.

Semper nell’articolo, si leggono le scuse della società che controlla il The Guardian, la Scott Trust, che ha colto l’ccasione per annunciare un programma da 10 milioni di sterline dedicated specificatamente ai discendenti delle comunità colpite dalle attività di Taylor e degli altri commercianti di Manchester che aiutarono la nascita del giornale.

La direttrice Katharine Viner, prima donna a dirigere il giornale, in un lungo editoriale dove spiega da dove è nata l’idea della ricerca e che cosa hanno pensato di fare come redazione per combattere in prima line tutte le forme di razzismo contemporanee, conclude so : «Mentre entriamo nel terzo secolo come testata giornalistica, questa terribile storia deve rafforzare la nostra determinazione a usare il nostro giornalismo per denunciare il razzismo, l’ingiustizia e la disuguaglianza e per chiedere conto ai potenti; usare lucidità e immaginazione, per infondere speranza».